Come l'arancio amaro

annalisa84 (19/08/2025) - Voto: 3/5
Prime pagine pesanti e difficili da leggere anche per l'uso del dialetto siciliano. Trama intricata ma a mio avviso alcuni momenti drammatici meritavano piu spazio. Non mi ha commossa
MRG (19/08/2025) - Voto: 5/5
Semplicemente meraviglioso!
Gilles (14/08/2025) - Voto: 4/5
Libro ben scritto anche se inizialmente ho faticato nella lettura a causa dei tanti personaggi e dei salti temporali. Proseguendo e approfondendo i personaggi il romanzo mi è piaciuto e nel complesso è stata una piacevole lettura
Siamosolostorie (02/08/2025) - Voto: 4/5
Carlotta è una donna indipendente, matura, orfana di padre e di madre. Un bel giorno però, durante lo svolgimento delle sue mansioni presso l'archivio notarile, inciampa in un documento che inizia a mettere in dubbio le sue radici. Da qui inizia la ricerca della verità. Il libro si svolge quindi su due piani temporali : il presente di Carlotta (anno 1960) e il passato (anno 1924 e seguenti). È la storia di una Sicilia con le sue convenzioni sociali, tra mafia, sentimenti e diverse concezioni della donna che cerca il suo posto nel mondo. Molto ben scritto, coinvolgente, a tratti con parole siciliane che sanno catapultare il lettore nell'isola.
Simonetta S. (21/07/2025) - Voto: 5/5
“Come l’arancio amaro” è il romanzo che mi ha accompagnata nei primi gg di ferie estive. Non nego che nelle prime pagine ho provato una certa fatica nel collegare i nomi che si susseguivano velocemente. Di primo acchito, una storia come tante… un romanzo che sembra semplice nella trama, ma che contiene mondi, come un frutto col guscio duro, che va rotto con cura e pazienza, sapendo che all’interno non troverai solo succo dolce, ma anche l’amarezza che la vita lascia nelle pieghe della pelle. È la storia di tre donne, ma anche la storia di tutte le donne che hanno dovuto rinunciare, scegliere, aspettare. Nardina, Sabedda, Carlotta: nomi diversi, vite diverse, un solo filo invisibile che le tiene unite. E quel filo è fatto di amore, assenza, maternità interrotta e silenzio. La cosa che più mi ha colpito non è il “cosa” viene raccontato, ma il “come”. Palminteri scrive con la delicatezza di chi sa che certe verità vanno sussurrate, non urlate. Eppure ogni frase punge, come la buccia dell’arancio amaro: ti costringe a fermarti, ad ascoltare, a fare spazio dentro. Leggendo, ho pensato spesso al concetto di identità. Quante volte la nostra storia è stata scritta da altri? Quante verità ci vengono consegnate tardi, distorte o nascoste? Carlotta scopre troppo tardi chi è davvero. Eppure, come accade nella vita, anche la verità amara può diventare liberazione. Il simbolo dell’arancio amaro è perfetto: un albero che fiorisce anche senza essere accudito, un profumo intenso, una scorza dura. “Dell’arancio amaro conosco solo le spine… ma il profumo del suo fiore bianco è quello della libertà.” Questa frase mi è rimasta addosso, perché parla di tutte le donne che scelgono – anche senza avere scelta – e che imparano a fiorire proprio lì dove sembrava non ci fosse più terreno. Leggerlo è stato un atto di ascolto profondo. È un libro che fa pensare, sentire, ricordare. E che lascia una domanda tra le mani: “Quanta parte di te è ancora da raccontare?”.