Io sono un gatto

gilberto (09/03/2019) - Voto: 4/5
"Io sono gatto" è sopravvissuto come uno dei classici della letteratura giapponese moderna. Tutti quelli che ho incontrato dal Giappone lo sanno, e ha un posto meritato tra i migliori per venire da qualsiasi autore giapponese in qualsiasi momento. Detto questo, non è un libro leggero, sia fisicamente che mentalmente. Una satira gentile e ridicola sul Giappone di fine secolo. Mi ricorda la serie di E.F. Benson 'Lucia' con tutti i piccoli intrighi, pettegolezzi e ridicolezza. La prospettiva di un gatto è molto interessante, credo meriti almeno un paio di letture, anche se con calma.
Elasia (08/03/2019) - Voto: 5/5
Commovente, dolce, divertente e molto arguto. Chi ha letto Hoffmann troverà in questo libro il fratello piccolo del Gatto Murr in versione giapponese. Un gatto filosofo che ci accompagna attraverso i suoi occhi e la sua voce per mostrarci quello che gli uomini non vedono, una prospettiva estraniante che tocca il riso come la tragedia ed emoziona sempre. Non è necessario amare i gatti per apprezzare la storia, ma se siete gattofili come me ne sarete sicuramente conquistati!
Manuela (07/03/2019) - Voto: 3/5
Un gatto senza nome descrive la società giapponese di inizio novecento, a cavallo tra tradizione e apertura alla cultura occidentale. Il romanzo sembra come spezzato in due, anche se in maniera fluida. Nella prima parte, decisamente più fresca ed ironica, la narrazione è centrata sulle vicende del gatto e sulla sua visione del mondo. Man mano che si avanza coi capitoli, tuttavia, il baricentro dell'opera si sposta sulle vicissitudini della cerchia di amici del padrone. Circostanze pressochè di nessun conto, giustificate solo in parte dall'interesse antropologico della voce (felina) narrante. Il finale lascia perplessi: sembra che l'autore, quasi stanco, abbia voluto tagliar corto. Anche se con le perplessità suddette il romanzo presenta una buona dose di ironia sulla società umana ed è un'ottima occasione per farsi un'idea del Giappone di un tempo.
vale (23/09/2018) - Voto: 5/5
Chi pensasse che questo è il solito zuccheroso libretto per gattofili in cui a suon di miagolii e strusciate vengono raccontate in modo melenso le vicissitudini di un cosiddetto “amico a quattro zampe” si sta sbagliano di grosso. Si tratta in realtà di un libro particolarissimo, del primo '900, che a ragione può essere considerato un classico della letteratura giapponese. È incontrovertibile, d’altra parte, che essere un po’ gattofili è un buon prerequisito per una lettura divertita e appagante di questo romanzo decisamente fuori dal comune. L'io narrante, come si è già capito, è un gatto capitato per caso (e mal sopportato dai più) nella famiglia di un docente di lingua inglese, il nevrotico professor Kushami, che riunisce intorno a sé una piccola folla di intellettuali ognuno a suo modo un po’ balordo, avvezzi a chiacchierare di storia e filosofia, nonchè delle proprie piccole vicissitudini quotidiane. È così che il gatto viene a conoscenza dei problemi di Kangetsu, un fisico ex studente del professor Kushami, della sua stravagante storia d'amore con Tomiko, la viziata figlia degli arroganti vicini di casa, i ricchi coniugi Kaneda, e delle vicende personali di altri visitatori che si avvicendano senza sosta nella casa di Kangetsu: il buontempone Meitei, l'uomo d'affari Sanpei, il poeta Tōfū ed altri personaggi minori.
Gaia (03/04/2018) - Voto: 5/5
Un gatto senza nome si aggira per la casa di un professore denigrato dagli alunni, dai familiari, dai vicini e dagli amici e grazie alla scarsa considerazione di cui gode può osservare senza contaminare in alcun modo il comportamento e i discorsi di chi lo circonda. Nessuno lo sa, ma è un insospettato e insospettabile pensatore estremamente ironico e divertente, portatore di un pensiero vagamente pessimista in un Giappone che transita da una mentalità zen orientale ad un pensiero positivista capitalista, in cui l'individuo prende il sopravvento sulla collettività. Il messaggio a cui giunge il gatto sostanzialmente è : non si può cavare sangue dalle pietre, è inutile intestardirsi in imprese che non fanno per noi, il padrone del gatto, il professor Kuschami ne è la prova vivente. Il gatto stesso incapace di dare la caccia ai topi, lo dimostra. In occidente dove vige il mito del self made man non si è più felici, in Europa la depressione, probabilmente largamente sottodiagnosticata è la malattia più diffusa, ciò significa che il modello occidentale non porta felicità. Il testo richiede molta attenzione, ogni pagina è ricca di concetti che non si prestano ad una lettura superficiale o di un lettore assonnato, pena la noia o la pesantezza, le stesse sperimentate nelle situazioni in cui non ci sentiamo coinvolti. Concordo con la definizione moderno, nonostante i centovent'anni e roti è giovanissimo. La densità dei concetti e il pessimismo sono compensati dall'ironia e il divertimento, mi sono sorpresa parecchie volte a ridere da sola.