La ricreazione è finita. ricreazione è finita

Domenico (06/04/2023) - Voto: 5/5
È. Difficile che un romanzo di formazione riesca a sottrarsi dal solito, consumato è facile format, infatti alla Fine si somigliano tutti. In questo caso no, è il risultato è un romanzo originale, unico, spiritoso, acuto e scritto benissimo. Cronaca , storia e “vita incompleta “ in questo libro si fondono perfettamente. La cronaca di vita universitaria è un teatrino riuscito e spiritoso , la storia dei nostri anni di piombo sono veritieri e dolenti nella loro dimensione provinciale e la maturazione di Marcello diventa sofferta e sincera. Un bel romanzo italiano. Fortemente consigliato
Massimo (21/03/2023) - Voto: 4/5
i due filoni che si incrociano nella narrazione, la logica di un dipartimento universitario e la "lotta armata" con i suoi fallimenti e le sue illusioni sono ritratti in maniera vivida e coerente e si incrociano nella finzione narrativa; l'equilibro tra i due filoni non è facile da mantenere, ma regge con qualche incertezza e risulta più efficace la coloritura del mondo universitario, mentre alcuni aspetti della scelta anarchica di Tito Sella appaiono più fragili ei incerti. La capacità narrativa è sicura e venata di grande ironia e capacità descrittiva di valore. Il libro merita di essere letto per il quadro che offre degli anni settanta, per la abilità di scrittura dell'autore e per una certa riflessione che l'autore- protagonista compie sulle scelte di vita e di scrittura.
sordello2001 (02/03/2023) - Voto: 4/5
Romanzo ben scritto, coinvolgente e con spunti di riflessione interessanti sugli anni di piombo visti dalla profonda provincia italiana. Personaggi ben delineati in un plot originale.
Maria Rossi (28/02/2023) - Voto: 1/5
affresco sarcastico di una certa fauna universitaria, dove l'ironia nasconde un livore di fondo che l'autore pensa di saper dissimulare, con in più una storia molto approssimativa su quelle che si ritengono le lotte politiche degli anni settanta. La descrizione delle lotte intestine dei dipartimenti di lettere, tra comparatisti, filologi e gli afferenti agli studi di linguistica, le dispute tra baroni, le sempre più inutili ricerche che mettono insieme Gadda, Borges e Foster Wallace, lasciano trasparire una conoscenza diretta dell'ambiente. La narrazione è vivace e gradevole, ma non aggiunge niente a ciò che si conosce delle pessime derive accademiche, e soprattutto non si fa parola sulle pressioni che giungono dall'esterno per assegnare dottorati, assegni, borse e cattedre. Per quanto riguarda la ricostruzione degli anni settanta nonostante gli sforzi dell'autore, che usa sempre dei filtri, usando l'espediente del 'narratore inattendibile', non si va mai oltre gli stereotipi. 'Erano altri tempi', ' erano criminali', la violenza e l'utopia, 'fermarsi è da vigliacchi'. Non si capisce cosa abbia fatto di male Oreste Scalzone per essere ritratto in quel modo nel personaggio di Benny Pecoraro. Un anziano con la voce grattata e squillante, le 'dita flaccide', che siede quasi sdraiato, Oreste Scalzone durante il '68 si prese sulla schiena una cattedra lanciata dai fascisti dal terzo piano della facoltà di giurisprudenza. Già è molto che sia sopravvissuto a ciò che gli successe. Però, naturalmente il personaggio del rifugiato parigino grazie alla dottrina Mitterand non offre particolari che riguardano il suo passato. Viene descritto in una specie di ambiente decadente, un cattivo maestro, come farebbe un quotidiano di destra. Nulla aggiungono al libro le storie d'amore del protagonista, e il trucchetto finale che va a collegare il barone che ha assegnato la tesi di dottorato, al personaggio oggetto della tesi. Trucchi da romanzo d'appendice,
Luca (21/02/2023) - Voto: 5/5
E molto interessante lo consiglio vivamente