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Dove non mi hai portata. Mia madre, un caso di cronaca
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evelyn
(22/07/2023) -
Voto: 5/5
Pagine intense, colme di calore, emozioni, umanità, amore, luce e vita, a dispetto dell'epilogo. Lo scritto è autobiografico, non lo definirei un romanzo, ma l'intima, dolorosa (e a tratti, a mio parere, ossessiva) ricostruzione di una drammatica vicenda familiare e personale, vissuta da Lucia Galante (mamma dell'Autrice) che nel 1965, quando Maria Grazia aveva otto mesi, decide di affidare la figlioletta "alla compassione di tutti", prima di togliersi la vita. La storia di Lucia si colloca tra il 1936 e il 1965 ed è calata nel contesto socio-culturale dell'Italia dell'epoca. L'Autrice ricostruisce minuziosamente la storia della madre, per restituirle vita e dignità, per riscattare l'immagine di questa donna che secondo la legge di quegli anni si era macchiata di ben tre reati (adulterio, abbandono di minore e suicidio). Anche il gesto dell'abbandono della figlia si riveste di un significato profondo, diviene consapevole atto di amore, la massima espressione dell'amore di una madre, che "andandosene" regala al proprio figlio la possibilità di una vita migliore. Immagino la fatica emotiva, e a tratti anche l'acuta sofferenza, provata nel ricostruire le vicende della madre; nel ripercorrere, anche concretamente, il suo cammino e la sua storia; la fatica nel rielaborare la propria intima storia personale; immagino le fervide emozioni nel leggere il proprio nome trascritto a mano su fogli ingialliti di archivi polverosi; nello sfogliare documenti a volte pretesi da una cieca burocrazia, che può divenire ottusa sino a calpestare i sentimenti... L'intento a mio parere è riuscito: l' Autrice, per mezzo della sua scrittura, sa riscattare la figura materna, liberandola dallo stigma sociale che l'ha affossata in un vicolo cieco ("scrivo per strappare alla terra l’odore di mia madre").
Eric Manno
(14/07/2023) -
Voto: 5/5
Che altro c'è da dire.
Luca
(04/07/2023) -
Voto: 4/5
L'autrice ripercorre la vita della madre, dalla gioventù fino agli ultimi giorni in cui ha scelto di suicidarsi e di abbandonare la figlia. Emotivamente ma bellissimo!
Toniasat
(29/06/2023) -
Voto: 5/5
Giugno 1965. Lucia Galante e Giuseppe Di Pietro, dopo aver abbandonato in un prato di Villa Borghese la figlia Maria Grazia di otto mesi, si suicidano buttandosi nel Tevere, non senza aver mandato una lettera all’Unità in cui affidano la figlia alla compassione di tutti. Un gesto estremo compiuto da un uomo e una donna, una coppia avvolta in una "radiazione siderale", sopraffatta dal pregiudizio, dalle mortificazioni, dalla violenza sociale. Quella bambina è il frutto di un adulterio: Lucia è fuggita da Luigi, il piccolo proprietario terriero che l'avevano costretta a sposare, un marito violento che la umiliava ogni giorno , e ha tentato di rifarsi una nuova vita con Giuseppe, manovale molto più grande di lei, sposato e con cinque figli. Quella bambina abbandonata era Maria Grazia Calandrone. Dopo cinquant'anni, decisa a scoprire la verità, va insieme alla figlia Anna in Molise, a Palata, il paese in cui sua madre ha vissuto, sofferto, lavorato e amato. Dove non mi hai portata è la storia di un amore in un'Italia in trasformazione, stanca della guerra ma non di misure coercitive, sospesa tra il miracolo economico e le mancate riforme (la legge sul divorzio arriverà solo nel 1970). È una dichiarazione d'amore ad una donna che stanca delle tante ingiustizie patite nel corso di una vita grama, compie, insieme all'uomo che amava, un atto di estrema cura e protezione affinché quella bambina potesse avere un futuro migliore di quello che potevano darle. Con una scrittura intima, poetica e al tempo stesso vibrante e suggestiva, Maria Grazia Calandrone, riesce a dare voce al non detto, indaga, con ricerca minuziosa e accurata, sulla storia dei suoi genitori, ripercorrendone i passi. Fino agli ultimi. Quelli in cui la tragedia svanisce e lascia il posto all'amore, al semplice desiderio di vita e felicità.
valerio
(03/06/2023) -
Voto: 5/5
Una visione inconsueta di aspetti dolorosi
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