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Dove non mi hai portata. Mia madre, un caso di cronaca
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Lettrice
(13/08/2024) -
Voto: 5/5
È un percorso profondo, intimistico e poetico quello che fa Calandrone, ripercorrendo il tragico epilogo della vita della madre. Ci vuole una forza importante e una maturità psicologica per affrontare un passato così pesante. Lo fa, con infinita dolcezza e comprensione. Lo fa tentando un'analisi logica difficilissima, aiutata dalla figlia che dà luce al legame più profondo e indissolubile, quello con la madre. "Prima di andarsene, Lucia mi ha insegnato la parola mamma".
cento_book
(27/04/2024) -
Voto: 4/5
Dove non mi hai portata. Mia madre, un caso di cronaca è la ricostruzione di un abbandono, delle radici che non hanno stabilità, è la storia di Galante Lucia che soffocata dai dettami familiari è costretta a sposare un uomo che non desidera per poi coraggiosamente separarsene e ricominciare un’altra vita con un altro uomo. Maria Grazia è una benedizione, ma anche una condanna. Figlia di Dio e figlia del Demonio. Figlia di un rapporto extra coniugale, macchiata dal sangue del tradimento. Lucia è una donna umile, donna semplice, donna che sogna libertà per sé, nonostante le leggi dell’epoca le remassero contro. Abbandonata da chiunque, trova nuova linfa in Giovanni, uomo sradicato al nido di un’altra famiglia. Maria Grazia con dovizia di particolari e un’attenta ricerca cerca di mettere ordine in quest’abbandono, lei lasciata avvolta in un semplice pezzo di stoffa nel parco di Villa Borghese, per poi essere complice/artefice del suicidio. Tante domande che trovano risposta nel romanzo, che sembrano quasi universali di tutti gli orfani lasciati alle braccia del mondo con la speranza di una vita migliore. Abbandono, affanni, rincorse, addii, dove la morte non trova spazio al viaggio doloroso della fine e la vita torna a spendere, a riconsegnare i propri battiti dove altri stanno ultimando il proprio cammino in acque che provano a purificare la colpa del peccato.
aizram
(14/02/2024) -
Voto: 4/5
Questo libro affascina a cominciare dalla copertina. La bella foto in b/n di Vivian Maier di una coppia che si tiene per mano e che ben si accorda con la vicenda narrata. La scrittura è fluida, luminosa, estremamente rifinita, pura poesia. L’autrice va alla ricerca delle sue origini e del perché di un abbandono tanto drastico, e ci porta con sé, in un viaggio attraverso il tempo, le fotografie, le lettere ritrovate e la storia di un paese intero. Ho centellinato le pagine perché potesse finire il + lentamente possibile.
R
(11/02/2024) -
Voto: 5/5
Questo libro è speciale. Lo è perché racconta la vita, la sua ragione prima e il suo senso ultimo. Non è scritto in un modo qualunque, Mariagrazia è, in primis, poeta. Qui troviamo poesia, romanzo, storia. Alcune mie amiche non lo hanno apprezzato completamente, proprio per la scrittura particolare di Mariagrazia (da poeta, qual è). Io l’ho amato.
Enzo
(01/02/2024) -
Voto: 5/5
Un libro che trascende i generi letterari. Non è prosa, non è poesia, non è un giallo, non è una biografia. È vita. Pura vita. Un libro da leggere e rileggere.
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