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antonella
(23/05/2012) -
Voto: 5/5
ho letto questo racconto d'un fiato apprezzando l'uso incisivo, penetrante, quasi "chirugico" delle parole, la calzante congruità delle metafore che si innestano armoniosamente con gli elementi della geografia selvaggia, la sapiente descrizione degli stati d'animo dei personaggi fanno di questo romanzo una chicca da non perdere, assolutamente. Grande Michela Murgia, Grande Sardegna!!
Manuela
(04/04/2012) -
Voto: 1/5
Libro superficiale, e non riuscito nell'intento. E' scritto in maniera pessima, con uno stile di scrittura vuoto, superficiale, banale e noiso. La descrizione della storia e' banale. I personaggi sono vuoti e privi di spessore. Sono sarda, e posso dire che la vita della Sardegna, la cultura, l'ambiente sardo e il nostro modo di vivere e di parlare nel libro della Murgia viene descritto malissimo. Non suscita nessuna emozione ne' tanto meno una virgola di riflessione. Davvero scadente e mal scritto. E' un libro che non dice nulla.
Carla Federica
(02/02/2012) -
Voto: 2/5
Sto ancora cercando disperatamente, ma con grande sincerità, qualche nuovo scrittore italiano (giovane o diversamente giovane poco importa) in grado di muovermi qualcosa in più. Avevo grandi speranze in Michela Murgia, e per questo ho comprato il libro. Purtroppo le mie aspettative non sono state soddisfatte. E' un lavoro dignitoso, l'autrice ha studiato, si è applicata, ha imparato il mestiere, alla fine ha confezionata un buon prodotto per l'industria editoriale. Alcune parti assolutamente inutili, come il viaggio a Torino, sembra siano state inserite proprio per compiacere un certo pubblico che aspetta di ritrovare nei romanzi anche la strada di casa. Dovrei essere sarda (e non lo sono) per giudicare, in Sardegna sono stata soltanto da turista, ma mi pare che la Sardegna sia qui descritta come una delle tante campagne del nostro paese, mentre la sua speciale identità si perde, segnalata soltanto dai nomi un po' bizzarri dei dolcetti tipici. Il personaggio di Bonaria è inconsistente, assolutamente non penetrato. Insomma quasi zero emozioni. Voto 2 per l'impegno.
ferdi
(15/11/2011) -
Voto: 2/5
Un'idea originale (sul difficile e controverso tema dell'eutanasia) trattata xo' da una penna insicura, non matura ne' preparata abbastanza x conferire alla storia la drammaticita' e l'epos che la stessa avrebbe meritato! Il lungo racconto (definirlo romanzo e' un po' troppo) si lascia leggere velocemente ma questo non sempre e' un pregio...Impalpabile.
Mauro C.
(21/10/2011) -
Voto: 3/5
Che dire? Rievocare una figura come "s'accabadòra", con tutto il suo mistero e tutto il suo fascino è stata senza dubbio, una sensazionale idea. Su una figura come questa però, che aveva il compito di "accompagnare" i moribondi alla fine della loro agonia, direi, che si poteva scrivere decisamente di meglio. E se da un lato abbiamo una trovata geniale, dall'altro c'è un'evoluzione della storia che ha luci ed ombre. Alcune pagine sono anche pregevoli. Si resta sul tema; poi però ci si perde e si ha l'impressione che si stia quasi sfuggendo dall'enorme capacità attrattiva che la pratica arcaica dell'eutanasia emana, con la conseguenza che non ci si addentra in modo energico nel senso mitologico della figura e nella più approfondita analisi che ne sarebbe dovuta scaturire. Voto tre. Di stima!
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