Accabadora

Francesca (20/09/2019) - Voto: 4/5
La delicatezza e il rispetto con cui sono descritte le usanze perdute di una Sardegna atavica impregnano tutta la storia di Tzia Bonaria e Maria, anima e fill'e anima. Con un linguaggio a tratti poetico viene descritto, senza incorrere in giudizi morali il ruolo dell'ultima Madre che concede la pace a chi la chiede, accompagnando nell'ultimo respiro. Bellissimo e toccante.
Luisa (06/09/2018) - Voto: 5/5
C’è una madre per cui una figlia è solo “l’ultima”, senza nome. E c’è una donna per cui quell’ultima diventa una figlia senza gravidanza né parto del ventre. C’è un parto dell’anima, una specie di adozione non scritta da nessuna parte eppure reale, e Maria diventa la “fill’e anima” di Bonaria, una donna a lutto perenne, asciutta, ermetica, silenziosa, severa ma giusta, che sa essere nonostante tutto “più madre” di chi l’ha partorita. Bonaria fa la sarta ed insegna il mestiere a Maria, ma Bonaria ha un ruolo che non è un mestiere e di cui a “Mariedda” non parla, un ruolo atavico che la società moderna attribuisce a medici e cliniche e che scuote le coscienze e anima i dibattiti. Eppure in quel paese senza tempo in cui si muovono Bonaria e Maria a praticare l’eutanasia è una donna con la gonna frusciante, ombra piena di segreti che si muove nella notte, chiamata dai parenti, per aiutare chi lo chiede a passare dall’altra parte. Libera le anime Bonaria, quando si sentono imprigionate. Un libro che mi ha emozionata, bello come un pezzo di macchia mediterranea, solido e sentimentale. In questa storia si avviluppano vite, come un tronco d’ulivo secolare. Matriarcale, fortissimo. Duro e dolce come l’amore di una madre. “- Sciocca che sei, Mariedda Listru! Tu sei diventata mia figlia nel momento stesso in cui ti ho visto, e non sapevi nemmeno chi ero. Però devi studiare l’italiano bene, questo te lo chiedo come una grazia. - Perché, Tzia. - Perché Arrafiei era andato sulla neve del Piave con scarpe leggere che non servivano, e tu invece devi essere pronta. Italia o non Italia, tu dalle guerre devi tornare, figlia mia. Non l’aveva mai chiamata così, e non lo fece mai più in quel modo. Ma a Maria quel piacere denso, così simile a un dolore in bocca, rimase impresso per molto tempo.”
furetto60 (19/01/2017) - Voto: 4/5
Nonostante il… secondo lavoro della protagonista anziana, Bonaria, il libro è un’opera solare come può esserlo il carattere riservato dei sardi in un ambiente ristretto e sospettoso come quello della piccola provincia. Opera senz’altro ben scritta ed emozionante sia pure più acerba rispetto al più recente “Chirù” che, oltre ad essere spietato in modo diverso, è anche di più difficile commestibilità.
Anna Maria N. Firenze (06/10/2015) - Voto: 5/5
Molto bello e delicato. Una scrittura fresca, dove i colloqui sono essenziali e mai appesantiti da spiegazioni superflue, sempre coinvolgenti. Il successo di questa Autrice è veramente meritato
Gaia (07/02/2015) - Voto: 4/5
Bello esteticamente nella capacità evocativa delle descrizioni, potente nel destare curiosità e sentimenti contrastanti nella storia con un occhio attento alle questioni etiche e morali che non sconfina mai oltre il consentito a un romanzo. La prosa è molto essenziale, a volte aspra e dura come la terra in cui è ambientata.